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Scienze

Mindwriting: a Stanford sviluppato il software che… legge nel pensiero

Decisamente interessante il software sviluppato da parte di alcuni scienziati della Stanford University: è stato chiamato Mindwriting e permette di tradurre in scrittura ciò che si pensa, senza bisogno di digitare nulla sulla tastiera con le proprie dita.

Mindwriting: ecco come funziona (Foto Tomshow)

Il nome, del resto, significa “scrittura mentale” e di fatto è il nostro cervello che scrive per noi, sostituendosi agli arti. Si tratta di una vera e propria rivoluzione se si pensa ad esempio alla sua applicazione nel campo delle disabilità: le persone che non hanno mani o braccia, potrebbero tornare a comunicare in maniera veloce e soprattutto autonoma. Mindwriting combina un software di intelligenza artificiale con un dispositivo che è chiamato interfaccia cervello-computer o BCI, a sua volta impiantato in un uomo che presenta delle paralisi importanti. Il software, durante i test, è stato così in grado di decodificare i pensieri dell’uomo, trasformandoli poi in un testo visualizzato sullo schermo del computer: in poche parole, è riuscito a leggere nella mente di un individuo. La scoperta, per certi versi straordinaria, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature, con l’obiettivo di una diffusione di tale tecnologia in maniera massiccia, che potrebbe recare benefici a milioni di persone.

Mindwriting, scrivere col pensiero: come funziona (Foto Repubblica)

MINDWRITING, IL SOFTWARE PER SCRIVERE COL PENSIERO: 18 PAROLE IN UN MINUTO

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“Questo approccio – ha specificato Jaimie Henderson, professore di neurochirurgia – ha permesso a una persona paralizzata di comporre frasi a velocità quasi paragonabili a quelle degli adulti normodotati della stessa età, che digitano su uno smartphone”. Colui che è stato sottoposto al test è riuscito a scrivere 18 parole in un minuto, un numero decisamente positivo tenendo conto che un normodotato ne scrive 23 con il proprio smartphone.

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“Abbiamo imparato che il cervello conserva la sua capacità di prescrivere movimenti fini un intero decennio dopo che il corpo ha perso la sua capacità di eseguire quei movimenti – ha aggiunto Frank Willet autore principale della ricerca – e abbiamo imparato che complicati movimenti intenzionali che comportano variazioni di velocità e traiettorie curve, come la scrittura a mano, possono essere interpretati più facilmente e più rapidamente dagli algoritmi di intelligenza artificiale che stiamo utilizzando, di quanto non possano fare i movimenti previsti più semplici, come spostare un cursore percorso a velocità costante. Le lettere alfabetiche sono diverse l’una dall’altra, quindi sono più facili da distinguere”.

Roberto Mazzucchelli

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