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Un nuovo studio sul Covid-19 potrebbe dimostrare che alcuni soggetti sono immuni al virus

È ormai un anno che il Covid-19 è in circolo e, tra gli studi fatti sui contagi, è stato rilevato un numero di persone immuni al virus.

Immunità Photo by Adobe Stock

Tanti i casi di molteplici contagiati nella stessa casa e di uno o due elementi mai risultati positivi. Mogli che accudiscono i mariti, madri che rischiano pur di stare vicini ai propri figli. Eppure, in diverse occasioni, questi soggetti non hanno mai avuto un tampone positivo, tra i vari effettuati, pur stando tanto a contatto con i contagiati.

La questione ha fatto incuriosire gli esperti, i quali hanno intrapreso uno studio apposito sull’ipotesi di immunità al virus per alcune persone. Esempio lampante, come riportato dal Messaggero, è la coppia di Terni, dove il marito era positivo e la moglie, a contatto con lui per un lungo periodo, mai infettata.

Ma sono veramente tanti i casi come questi. Ciò ha spinto la Rockfeller University di New York ad indagare più a fondo, insieme ad altri 250 laboratori in tutto il mondo.

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L’ipotesi di immunità al Covid-19

Indagine medica Foto di Testalize.me su Unsplash

Durante un’intervista al quotidiano romano, il genetista del policlinico Tor Vergata di Roma, Giuseppe Novelli, ha spiegato che in una pandemia i fattori interessati sono il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ovvero il contesto in cui si sviluppa l’infezione.

In questa nuova indagine, gli studiosi si sono soffermati sul secondo aspetto, ossia l’ospite, studiandone il DNA e basandosi su importanti dettagli come il sesso e l’età. Soffermandosi sui malati gravi, hanno riscontrato che un 10-12% di casi hanno una particolare caratteristica: non sono capaci di produrre interferone, che è la prima molecola di difesa del nostro organismo.

Da qui, hanno spostato l’attenzione sugli altri soggetti, quelli che non si ammalano mai, né si infettano, in quanto possiedono delle differenze genetiche che resistono all’infezione. Questa particolare immunità non dipende solo da anticorpi, come spiegato dal professore di malattie infettive dell’Università di Trieste al Messaggero.

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In questi casi entra in gioco anche la cosiddetta “immunità cellulare”. Il sistema immunitario cellulare è quello che mantiene la memoria nel tempo sulla risposta del nostro organismo alle infezioni. Per questo motivo, lo studio si concentrerà soprattutto sui linfociti, per cercare di avere delle risposte più dettagliate.

Studio sulle differenze genetiche Foto di Edward Jenner da Pexels
Rita Riccio

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