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Il processore fotonico a nanofili, l’ultimo nato ma già il più veloce di sempre

Quantistica e informatica vanno decisamente a braccetto. Sempre più spesso infatti si sente parlare di computer quantistici e di tecnologia che usa il qubit per processare le operazioni che normalmente verrebbero svolte da normali PC, sebbene in tempi sicuramente più lunghi.

Chip fotonico – Adobe Stock

Naturalmente dietro a quello che si vede c’è tutto un mondo fatto di processori, particelle, qubit, ricerche scientifiche ed esperimenti che coinvolgono fenomeni fisici che all’apparenza non sono nemmeno lontanamente legati a questo tipo di tecnologia.

Ed è ancora l’Università di Oxford a portare notizie circa un nuovo metodo che usa la polarizzazione della luce per rendere la densità di archiviazione al massimo della sua potenzialità sia per le informazioni che per i calcoli, e per far questo usa i cosiddetti nanofili.

Nanofili e computer fonotico, ecco come funziona il tutto

Con il termine nanofilo (nanowire in inglese) si intende una struttura quasi unidimensionale di semiconduttore o metallo, di forma cilindrica o poliedrica la cui sezione ha dimensioni nanometriche, mentre la lunghezza può variare dalle centinaia di nanometri in su, fino a centinaia di micrometri.

Tornando a parlare della polarizzazione della luce, è importante e interessante notare una caratteristica peculiare delle lunghezze d’onda della luce, che non interagiscono tra loro quando sono diverse, e che la nuova tecnologia sfrutta proprio per poter immagazzinare diverse informazioni contemporaneamente e quindi di conseguenza velocizzare al massimo la velocità di archiviazione delle varie informazioni immesse nei computer.

Sappiamo tutti che il vantaggio della fotonica rispetto all’elettronica è che la luce è più veloce e più funzionale su ampie larghezze di banda. Quindi, il nostro obiettivo era sfruttare appieno tali vantaggi della fotonica combinata con materiale sintonizzabile, così da realizzare un’elaborazione delle informazioni più rapida ed efficace“. Così June Sang Lee dell’Università di Oxford a proposito del metodo inventato.

Metodo che è stato realizzato in collaborazione dell’Università di Exeter, in particolare con il prof. David Wright, grazie alla realizzazione di un nanofilo HAD (ibrido-attivo-dielettrico) fatto di materiale vetroso sensibile agli impulsi ottici.

Ognuno di questi nanofili reagisce in maniera selettiva alle diverse direzioni di polarizzazione della luce, così da poter elaborare le informazioni allo stesso tempo usando diverse polarizzazioni che vanno in direzioni differenti.

Grazie a tutto il lavoro sopra descritto, i ricercatori sono stati in grado di sviluppare un processore di calcolo fotonico, il primo in assoluto, che utilizza le polarizzazioni della luce. Questo calcolo fotonico avviene attraverso diversi canali di polarizzazione, portando la densità di calcolo a livelli così alti da costituire un importante miglioramento rispetto ai chip normali.

FONTE: EveryEye Tech

Antonino Gallo

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