Calo di produzione in programma per gli AirPods di casa Apple, i famosi auricolari wireless. Stando a quanto raccolto da Nikkei Asia, l’azienda di Cupertino avrebbe pianificato un decremento del circa 25/30%, a causa della forte concorrenza che ha indotto i consumatori ad acquistare altro.
Se fino a poco tempo fa vi erano poche cuffie come gli AirPods, ora sul mercato se ne trovano di ogni marca, e a prezzi ben inferiori anche se ovviamente qualitativamente non all’altezza dei prodotti di Cupertino. Per l’anno in corso dovrebbero essere prodotto fra le 75 e le 85 milioni di unità, mentre le previsioni precedenti andavano ben oltre le 100 milioni, all’incirca 110. “La riduzione degli ordini più significativa – ha fatto sapere una fonte qualificata a Nikkei – è per il secondo trimestre verso l’inizio del terzo trimestre. I livelli di inventario [nei magazzini] e in negozio di AirPods sono attualmente alti … e la domanda non è così forte come previsto”.
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L’anno scorso la Apple ha venduto circa 72.8 milioni di unità di AirPods, dominando così il mercato delle cuffie blueetooth wireless con una quota del 31%; in totale, i dispositivi indossabili fra appunto le cuffie, ma anche l’Apple Watch e l’HomePod, hanno permesso al gigante californiano di portare a casa circa 13 miliardi di dollari, una cifra pari all’11% del totale del ricavo dell’azienda negli ultimi tre mesi del 2020.
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Peccato però che, come detto sopra, la multinazionale di Tim Cook si aspettasse di più, ma secondo un analista, contattato sempre da Nikkei, si tratta di un calo di domanda di fatto fisiologico e prevedibile: “Non è possibile crescere del 30%, 40%, 50% con le spedizioni ogni anno per molto tempo – spiega – ad un certo punto la crescita rallenterà e si normalizzerà. Il tempo di forte crescita per AirPods potrebbe essere passato”. La decrescita a causa della concorrenza appare ancora più evidente se rapportata al mercato del 2018, quando la Apple si era assicurata il 60% del mercato totale, per poi passare al 47%, meno della metà, l’anno successivo, calando quindi ad un terzo nel 2020 (precisamente il 31%), così come da dati di Counterpoint.
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