Web3 è la nuova parola che spopola sulla Rete e che segnerà il nostro futuro: ecco di cosa si tratta

Avete mai sentito parlare di Web3? Questa parola ha spopolato in particolare nell’anno che volge alla conclusione, il 2021, periodo che è stato senza dubbio quello in cui si sono affermate le criptovalute (27 i miliardi di dollari investiti dai venture capitalist negli ultimi dodici mesi) come Bitcoin, ma anche il blockchain, e tutta una serie di rivoluzioni digitali che stanno letteralmente cambiato la nostra vita, fra cui ad esempio il mondo degli Nft.

Web3, 30/12/2021 - Computermagazine.it
Web3, 30/12/2021 – Computermagazine.it

Ma quando parliamo di Web 3, che cosa intendiamo? Per rispondere a questa domanda ci viene incontro il noto portale Wired, nella sua versione in italiano, secondo cui si tratta di un “web altamente decentralizzato, tutto basato sulla blockchain”, che lasci quindi alle proprie spalle l’interno delle piattaforme mainstream, il cosiddetto web 2.0. In tal senso sono in corso moltissimi esperimenti “e la corsa all’oro – scrive ancora Wired – attira da tutto il mondo curiosi convinti di poter diventare milionari grazie alle criptovalute”.

Web3, 30/12/2021 - Computermagazine.it
Web3, 30/12/2021 – Computermagazine.it

WEB3, SCOPRIAMO IL SIGNIFICATO DI QUESTA “OSCURA” PAROLA

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Come ogni cosa, anche il Web3 se da una parte conta moltissimi fan, dall’altra ha attirato su di se numerose critiche, e un chiaro esempio è la campagna “Keep the web free, say no to web3”, che in sostanza si traduce in “Mantiene internet libero e dì no al web3” (in italiano suona male perchè non c’è la rima ndr). Secondo gli autori di questa campagna, questo nuovo internet “del futuro”, non farà altro che peggiorare il mondo in cui viviamo, creando una società ancora più stratificata, sia dal punto di vista sociale quanto economico. Secondo coloro che sono contrari al Web3, per mantenere il valore di criptovalute e token, e ottenere dei profitti, i progetti di questo “nuovo internet” impongono un sistema “di scarsità artificiale in un mondo – quello di internet – dove i contenuti sono teoricamente infiniti”, e a riguardo il programmatore Stephen Diehl spiega “stiamo passando dal mondo dell’abbondanza nel cloud computing, dove il costo del tempo di calcolo per persona era quasi ai livelli post-scarsità, al tentativo contrario di imporre una scarsità artificiale sulla risorsa più abbondante che l’umanità abbia mai creato. Questa è regressione, non progresso”.

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Quindi Diehl aggiunge che le reti basate sulla blockchain “non possono crescere fino a raggiungere grandezze di scala senza assumere la stessa forma dei sistemi centralizzati e tendenti al plutocratico che, in teoria, si vorrebbero sostituire”, finendo quindi per costare molto di più. “Per creare un ipotetico Facebook decentralizzato ci sono diverse questioni logistiche ineludibili – aggiunge – chi pagherà per i data center globali per contenere i contenuti?Chi bandirà gli account dei nazisti? Chi eliminerà i contenuti pedopornografici? Chi reimposterà la password della nonna quando la dimentica? Gestire un’attività globale su questa scala richiede una quantità inevitabile di centralizzazione solo per il fatto duro e crudo di dover esistere e interagire con il resto della civiltà”.

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