Maxi truffa sui Bitcoin, smascherato il Cyber Lupin: è un fiorentino

Nome e cognome sono coperti dalle Autorità con una sigla: F.F. Ma il Cyber-Lupin responsabile di una maxi truffa sui Bitcoin ha il volto di un italiano.

Mascherata la truffa dei Bitcoin (adobe stock)
Mascherata la truffa dei Bitcoin (adobe stock)

L’indagine sul “Cyber Lupin” dei giorni nostri era scattata nel gennaio del 2018 dopo la denuncia presentata dall’amministratore unico della piattaforma di exchange BitGrail per il furto di un’ingente somma in criptovaluta Nano Xrp, per un controvalore di circa 120 mln di euro, sulla piattaforma informatica hackerata BitGrail. Una maxi operazione con cui sono stati truffati oltre 230mila risparmiatori.

Il termine Bitcoin ha un doppio significato: si riferisce alla tecnologia sottostante al servizio, ma soprattutto è un sistema di pagamento mondiale, una criptovaluta, creata nel 2009 da un anonimo inventore, noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. Per distinguerli, nel primo caso si usa la lettera maiuscola e nel secondo la minuscola.

La tecnologia che fa funzionare bitcoin è la blockchain e funziona con il fine di avere una gestione digitalizzata della valuta. I bitcoin non vengono creati da una banca, ma attraverso sistemi avanzati di crittografia è possibile tracciare le transazioni, generare nuove monete, distribuirle ai proprietari e effettuare transazioni.

Bitcoin, i sospetti su F.F. sin dall’inizio

Criptovaluta, la nuova frontiera (adobe stock)
Criptovaluta, la nuova frontiera (adobe stock)

Inutili i falsi tentativi di collaborazione da parte di F.F. per depistare le indagini: gli investigatori della Polizia postale di Firenze della sezione financial cybercrime del servizio centrale della Polizia postale di Roma, e della Guardia di finanza della sezione di Polizia giudiziaria della procura di Firenze, hanno sospettato del fiorentino sin da subito.

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E dopo complesse indagini ed intercettazioni, hanno notificato al Cyber Lupin toscano la misura cautelare del divieto di esercitare attività d’impresa e di ricoprire uffici direttivi di imprese, di frode informatica, auto-riciclaggio e bancarotta fraudolenta, con l’aggravante di aver commesso i fatti con abuso della qualità di operatore del sistema.

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L’amministratore fiorentino era già noto agli investigatori ai quali forniva Bitcoin per pagare i riscatti delle vittime di criptolocker.

 

 

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