il Bitcoin scappa dalla Cina: è il momento d’investire o lasciare questa cypto?

Per i bitcoin è arrivata una tempesta perfetta che rischia di spazzare via tutto il valore accumulato in questi ultimi due anni: conviene ancora investire in questa cryptovaluta?

Bitcoin in crisi: siamo alla resa dei conti? (Adobestock)
Bitcoin in crisi: siamo alla resa dei conti? (Adobestock)

Quello accaduto alla moneta virtuale più famosa è molto simile a quanto capita ad un pugile che sul ring viene colpito da un uno-due micidiale. Prima il messaggio Twitter di Elon Musk dello scorso 13maggio, in cui annunciava come il bitcoin non poteva più essere utilizzato per acquistare Tesla – dopo che però la società si era stra-arricchita investendo proprio sul mercato delle cryptovalute – e poi la devastante decisione della Cina.

Il colosso asiatico, che detiene liquidità mostruosa e il debito pubblico di molti altri paesi, ha annunciato che la National Finance Association of China, la China Banking Association e la Payment and Clearing Association of China non possono più operare su quel mercato.

Questa non è stata l’unica decisione presa dal governo cinese, visto che contemporaneamente sono stati chiusi più di mille account che parlavano proprio di bitcoin e contemporaneamente è partita la caccia ai “miners”, i tecnici che cercano di estrarre moneta virtuale consumando però enormi quantità di energia.

Quest’ultimo problema è globale e ha causato due tipi di problemi. Il primo è quello di blackout provocati proprio da una pratica decisamente energivora e l’altra è la scarsezza di schede video sul mercato, accaparrate da chi vuole lucrare sopra grazie alla ampia capacità di calcolo. Parliamo, secondo i calcoli riportati dal sito dell’Espresso e recuperati da Cambridge Bitcoin Electricity Consumption, di ben 121,36 terawattora, un quantitativo mostruoso.

Cina contro Bitcoin: cosa fare ora?

Criptovalute
Criptovalute Foto di 3D Animation Production Company da Pixabay

Il problema è che la Cina da sola era responsabile del 65% dell’attività di mining, un consumo inaccettabile per l’economia controllata cinese., dove il costo dell’elettricità è davvero basso. Questo a causato una fuga in massa all’estero, ma dove? Non tutti i paesi sono adatti a questa attività, perché la corrente in alcune nazioni costa più che in altre.

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Per fare un esempio pratico, a nessuno conviene farlo in Italia e in molto hanno deciso di “trasferirsi” in Texas, dove l’attività è deregolamentata, ma questo non risolve il problema e il destino futuro del bitcoin come del resto delle altre criptovalute. Un mondo che sta cercando disperatamente di lottare contro il climate change può permettersi un costo di CO2 così alto per produrre moneta virtuale?

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In questo modo si rischia di allontanare gli obiettivi di impatto zero di diversi anni, ma, in fondo a tutto, è ancora l’economia a prendere certe decisioni. Sarà un caso ma la Cina ha presentato lo Yuan virtuale, una moneta elettronica che però è totalmente controllata dalla banca centrale, quindi fuori dalle garanzie del sistema blockchain. In questa situazione continuare ad investire potrà essere un grosso rischio.

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