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Scienze

“Impronta del cervello”, siamo riusciti a catturarla e ci dirà molto sulla nostra salute

Ricercatori del laboratorio di Losanna sono riusciti ad ottenere una nuova firma cerebrale. Consentirà di studiare anche alcune malattie.

L’impronta del cervello ci dirà moltissimo sul nostro stato di salute (by Adobestock)

Il cervello umano, è risaputo ormai da moltissimo tempo, possiede una sua impronta unica e diversa da quella di ogni altro. Un po’ come accade per le impronte digitali, quello che però non eravamo riusciti a fare sinora era stato catturarla. Adesso finalmente ciò è stato possibile grazie al Politecnico di Losanna, dove l'”impresa” è stata compiuta da un equipe di ricercatori.

Il team, agli ordini dell’italiano Enrico Amico, ha adoperato una tecnica nuova che promette di approfondire gli studi sull‘organo ed avere di conseguenza importanti sviluppi nella comprensione delle malattie neurodegenerative. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances: adesso ne sapremo certamente di più sulle conseguenze di un ictus, ma anche ad esempio sui sui meccanismi scatenanti che sono alla base delle tossicodipendenze o dell’autismo.

Una nuova carta d’identità: l’impronta del cervello è unica ed irripetibile

La risonanza magnetica utilizza nuove tecniche di analisi delle immagini (by Adobestock)

Catturare l’impronta del cervello è un passo significativo nello studio dell’evoluzione della specie: è stato possibile grazie alle nuove tecniche di analisi delle immagini ottenute con la risonanza magnetica: l’impronta si può ottenere in meno di due minuti, anche se negli individui soggetti a malattie neurodegenerative appare lievemente sbiadita. Una sorta di identità cerebrale, grazie alla quale si aprono infiniti campi di applicazione.

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“Utilizzando delle semplici immagini ottenute con la risonanza magnetica in questi ultimi anni abbiamo imparato a esaminare le attività e le connessioni tra le diverse aree del cervello“, queste le parole rilasciate all’ANSA da Enrico Amico, laureato all’Università Federico II di Napoli. In questo modo, ha poi aggiunto, “abbiamo scoperto che esistono schemi tipici di ogni singolo cervello. In sostanza, ed è per me clamoroso e ricco di potenziali avanzamenti, è possibile identificare un individuo dalla sua impronta cerebrale”.

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Stando alla ricerca la chiave di volta sarebbero i connettomi cerebrali funzionali, che fungono in pratica da registro di tutte le attività. In base ad esse i connettomi stessi si modificano, ma portano all’interno degli schemi che si conservano in ogni persona. Questi dati si possono raccogliere in appena un minuto e quaranta secondi. Un tempo davvero infimo se rapportato all’enorme quantitativo di dati raccolti nell’arco della vita di un uomo. Al momento resta da valutare come impiegare questa scoperta nello studio dell’Alzheimer, dato che con l’avanzare della malattia diventa sempre più difficile mappare le persone in base ai loro connettomi.

 

Giuseppe D'Amato

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