NFT di Banksy pagato $340mila è contraffatto: nuova truffa tra le opere d’arte digitali, ma come possiamo riconoscerle?

Riconoscere un originale da un falso è già difficile di per sé, figuriamoci nel mondo degli NFT, acronimo di non-fungible token, un token non fungibile, crittografico, che rappresenta qualcosa di unico. La truffa è spesso dietro l’angolo.

NFT, un token non fungibile, crittografico che rappresenta qualcosa di unico (Adobe Stock)
NFT, un token non fungibile, crittografico che rappresenta qualcosa di unico (Adobe Stock)

Succede a un’asta Banksy NFT, riguardante l’arcinoto artista e writer inglese, considerato uno dei maggiori esponenti della street art, la cui vera identità è tutt’ora avvolta nel mistero. Un’asta online, apparentemente per la NFT in questione, pubblicata su una pagina, ora cancellata. Un hacker ha restituito 336.000 dollari (circa) a un collezionista britannico dopo averlo gabbato, indotto con l’inganno a comprare un falso Banksy NFT pubblicizzato attraverso il sito web ufficiale dell’artista. L’asta si è conclusa in anticipo dopo che l’ignara vittima ha offerto il 90% in più rispetto agli offerenti rivali, sbaragliando la concorrenza.

Tutte le aste di Banksy NFT non sono affiliate all’artista

NFT, un mondo che non tutela ancora gli investitori (Adobe Stock)
NFT, un mondo che non tutela ancora gli investitori (Adobe Stock)

E’ dovuto scendere in campo il team di Banksy, che in una nota alla BBC ha dichiarato che “Tutte le aste di Banksy NFT non sono affiliate all’artista in alcuna forma o forma”. Il problema è che con gli NFT, le opere d’arte possono essere “tokenizzate” per creare un certificato di proprietà digitale, che può essere acquistato e venduto. Generalmente non danno all’acquirente l’opera d’arte reale o il suo copyright. Il fan di Banksy, invece, ensava di acquistare il primo NFT in assoluto del famoso artista di graffiti. L’uomo, trent’anni, che ha deciso di rimanere nell’anonimato ha spiegato tramite post su Twitter che teme che il sito di Banksy sia stato violato. Nello specifico la truffa può essere catalogata come “truffa bianca”: l’hacker infatti ha restituito tutti i soldi, si è tenuto soltanto la commissione di transazione, di circa cinquemila sterline.  Il famoso collezionista di NFT, che sui social si fa chiamare Pranksy ritiene che l’hacker alla fine si sia spaventato. “Non mi aspettavo minimamente il rimborso – spiega Pransky sempre alla BBC – credo che la risonanza mediatica all’accaduto, la scoperta dell’hacker stesso, sia state decisive a conti fatti per il rimborso. Io mi sento molto fortunato – continua – in situazioni del genere, per molto meno, si hanno risultati diversi dal mio”.

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Un primo sospetto della truffa si era avuto proprio sull’asta, per niente pubblicizzata ma apparsa all’improvviso sul portale, situazione alquanto insolita, col senno di poi. Il dubbio è diventato certezza quando il collegamento all’asta di OpenSea – celebre piattaforma di compravendita di NFT- è stato rimosso dal portale di Banksy, con tanto di nota del team dell’artista di Bristol. Alla fine, tutto è bene quello che finisce (quasi) bene.

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Il problema degli NFT, e più in generale delle aste di questo genere, è l’assenza pressoché totale di norme a tutela degli investitori, la principale causa di proliferazione di attacchi e frodi contro i progetti riguardanti i token non fungibili. E’ sempre più complesso riconoscere un falso da un originale, è indispensabile introdurre nuove regole e adottare pratiche di sicurezza che tutelino gli investitori, onde evitare nuove truffe, anche se nello specifico finiscono con un (quasi) rimborso, figlio del caso.

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