Un gemello digitale per il Metaverso: con Didimo avrai un tuo clone perfetto in poco più di 1 minuto

Chi di voi ha mai pensato di avere un vostro sosia nel Metaverso? Forse no, ma questa storia vi farà cambiare idea.

Un gemello digitale per il Metaverso: con Didimo avrai un tuo clone perfetto in poco più di 1 minuto
Il Metaverso si evolve sempre di più – Computermagazine.it

Vogliamo parlare di Veronica Orvalho, un ingegnere informatico che detiene la startup Didimo, considerata una delle azienda all’avanguardia nella creazione di avatar tridimensionali per usi non solo nel settore dell’intrattenimento: “Quello che ci contraddistingue è il fotorealismo e l’accuratezza dell’avatar che siamo in grado di creare. Sul mercato abbiamo vari competitor ma la maggior parte punta su una rappresentazione da cartoon di un essere umano, mentre noi vogliamo trasportare fedelmente le fattezze delle persone nell’universo digitale. Oltretutto nel nostro caso non è necessario eseguire una scansione del viso, ma è sufficiente utilizzarne una foto”.

E possiamo pure capire come abbia potuto ottenere questo tipo di esito dalla seguente dichiarazione: “Il risultato è frutto dell’utilizzo di tecniche di computer vision e di una piattaforma di Intelligenza Artificiale in cui vari algoritmi sono in grado di estrarre le caratteristiche principali che riguardano la forma del volto, degli occhi, le distanza tra occhi, bocca e tutto il resto. Inoltre a differenza di altre società, il nostro software normalizza le texture della pelle, perché a seconda della foto questa può essere lucida o avere riflessi che non permetterebbero poi di inserire l’avatar in maniera credibile in altri ambienti digitali dove acquisire riflessi e ombre della relativa illuminazione”.

La storia della nascita di Didimo

Un gemello digitale per il Metaverso: con Didimo avrai un tuo clone perfetto in poco più di 1 minuto
Conoscere storie del genere è importante – Computermagazine.it

Ma in che modo è riuscita ad apprendere le nozioni per arrivare a progettare queste innovazioni? Pare che l’ingegnere abbia fatto un lungo viaggio, ma che le è servito per apprendere tutto quello che doveva sapere: “Ho deciso di andarmene allora, per venire in Europa a prendere un Master come sviluppatore di videogame. Per conquistarmi la borsa di studio volevo presentare una tesi di valore e così mi sono messa in testa di risolvere un problema che affliggeva i creatori di videogiochi e film d’animazione. Ho chiamato Pixar, DreamWorks, Electronic Arts, per capire quali fossero gli scogli tecnologici più ardui e mi sono focalizzata sulla creazione di personaggi digitali“.

Per realizzarli bisognava creare il cosiddetto rig, cioè la struttura del viso: all’epoca si doveva fare tutto a mano e così se ad esempio a metà della lavorazione si doveva aggiungere un certo numero di poligoni digitali per avere un naso più dettagliato, lo scheletro digitale si doveva rifare da capo, senza contare il fatto che il software usato all’epoca, Face Robot, costava 90mila dollari per singola licenza. Così ho creato un software in grado di automatizzare l’intero procedimento e dopo averlo presentato al Siggraph mi sono trovata al centro dell’attenzione di tutte le aziende di videogame ed entertainment”.

Con il passare del tempo, inoltre, ha iniziato a lavorare alla realizzazione di Fable 2 e dell’animazione dell’attrazione dei Simpson agli Universal Studios, dove la ragazza avrebbe potuto tranquillamente trovare impiego a Hollywood, ma il destino aveva in serbo altro per lei: “Invece ho avuto il mio primo figlio e nel frattempo mi hanno offerto una cattedra in Computer grafica, sistemi multimediali e interazione uomo-macchina all’Università di Porto che ho accettato. Siccome sono stata in grado di attrarre investimenti per l’ateneo, ho ottenuto anche il budget per aprire uno dei laboratori all’avanguardia in Europa: 300 metri quadri per sperimentare motion capture, realtà virtuale e altre tecnologie innovative. In quel momento ho capito che invece di dedicarmi esclusivamente a risolvere problemi tecnici, potevo avere un impatto reale sulla vita delle persone”.

E poi si arriva alla splendida startup di Didimo, la stessa che le avrebbe cambiato la vita per sempre: “Vedendo i miei figli crescere e pensando a come stavano cambiando i social media ho pensato che in futuro le persone avrebbero avuto bisogno di un’estensione di sé nei mondi digitali per interagire l’un l’altro e per esprimere in modo naturale le emozioni con la propria mimica facciale. E così nel 2016, dopo aver rifiutato tante offerte, ho accettato la proposta di un investitore per creare Didimo, anche perché credo sia necessario trovare un sistema per essere riconoscibili in questi reami e di conseguenza autentici e responsabili dei propri comportamenti”.

? Fonte: www.wired.it

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